Freewheelin' in Rome by Francesco Donadio;

Freewheelin' in Rome by Francesco Donadio;

autore:Francesco Donadio; [Donadio;, Francesco]
La lingua: ita
Format: epub
editore: edigita
pubblicato: 2022-12-12T23:00:00+00:00


COME CERCARE UN AGO CHE SI È PERSO NELLA SABBIA

Sintetizzando le testimonianze raccolte, e dando ordine e senso a ricordi che per via del tempo trascorso sono spesso confusi e a volte non combaciano, si può ipotizzare che la visita di Dylan al Folkstudio andò come segue.

Lo stesso giorno in cui atterra a Roma, Dylan arriva a Trastevere, a Via Garibaldi, tra le 21.30 e le 22.00 insieme ad Albert Gross­man su una macchina con autista messa a disposizione dalla Rca. Vogliono vedere che tipo di locali folk ci sono a Roma, e qualcuno gli ha consigliato il Folkstudio. Sicuramente Bob ha già bevuto un po’, è un po’ sconvolto ed è anche normale, sia che già sappia della ripartenza di Suze per New York che ha mandato a monte il suo piano, sia che si stia preparando a confrontarsi con la ragazza a Perugia. Mentre i due si inoltrano nel locale che è semideserto, nessuno fa molto caso a quel ragazzo col berretto la cui sagoma non ha ancora fatto il giro del mondo. Forse sulla pedana c’è qualcuno che canta, ma Dylan è soprattutto attratto dalle due giovani donne che lavorano nel locale e che si stanno dando da fare con il guardaroba e con i drink. Flirta con Hannelore Bradley, che ha l’aria di una liceale americana proprio come Suze, e allunga un po’ le mani con Noemi Cesaroni: è triste, ubriaco e un po’ molesto. Harold Bradley si accorge della presenza di quel compatriota fastidioso e decide di intervenire. È possibile immaginare che Dylan si presenti così: “Sono un folksinger di New York, ho appena finito di incidere il mio secondo Lp per la Columbia e sono qui” – intendendo in Italia – “perché volevo cercare la mia ragazza che studia a Perugia”. Facile che, nella confusione, Bradley comprenda invece che Dylan la sta cercando proprio lì, al Folkstudio. Anche per distogliere l’attenzione del forestiero dalle due donne su cui ha messo gli occhi addosso, Bradley gli dice qualcosa del tipo: “Be’, se sei un folk singer allora facci sentire qualcosa del tuo repertorio, a tua scelta”. Gli fa dare una chitarra classica, forse da Toni Santagata che, se si trova lì, ne ha una con sé ovunque vada. Dylan sale sulla pedana e inizia a suonare, nel suo stile ruvido con la sua tipica voce nasale. Un pezzo, poi un’altra mezza canzone che non riscuotono un grande successo perché il tipo di folk a cui il pubblico del Folkstudio è abituato è diverso, è più dolce e armonico di quello del Greenwich Village. Dylan peraltro suona in maniera svogliata e dopo poco molla tutto. Forse dice qualcosa di salace rivolto a Hannelore e Noemi o di offensivo nei confronti di Harold, e a quel punto viene invitato ad andarsene. Prima, però, lui e Gross­man entrano in contatto con Natalie d’Arbeloff e Reg Dixon, tra le poche persone al Folkstudio in grado di comunicare in inglese (a parte Bradley e la moglie): com’è naturale che sia, tra “expat” si crea un’immediata simpatia.



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